SUBITO DOPO CAROSELLO (2003)

La mia vita si può riassumere in un solo episodio e Il resto non farebbe altro che annoiarvi, quindi non starò a descriverlo. Ciò che leggerete di seguito non vi sarò utile a nulla, e tantomeno a trovarmi. Dopotutto per molti non sono mai esistito, quindi mettetevi il cuore in pace a statemi a sentire. Se starete buoni non mi dilungherò troppo, così farete presto e potrete andare a dormire subito dopo carosello.
Tutto iniziù immediatamente dopo la scuola. Nella mia cittù a quei tempi si finiva per andare per mare quasi tutti, e quella scelta obbligata ha cambiato la mia vita e quella di altri milioni di persone ma tutto sommato non sono pentito di ciò che ho fatto.
Avevo diciotto anni quando mi imbarcai sulla Stella B., dove tutto ciò che potevi fare era dormire o grattare ruggine. Su una portarinfuse non hai grandi occupazioni: il carico se ne sta lì, nelle stive, e aspetta buono buono che le gru del porto d’arrivo lo scarichino sulle banchine. Così, dopo un paio di noiose traversate da Genova a New York avevo messo da parte un discreto gruzzolo di dollari per realizzare il mio sogno: fare il giro dell’America. Un giro che però già dall’inizio si rivelò una delusione: una sensazione inaspettata che saliva dal profondo, mi sfiorava lo stomaco e si fermava sul petto, come un’oppressione. Non era una cultura diversa anni luce dalla mia: tutto viaggiava solo in una dimensione più grande. Mi sembrava di provenire da un mondo in scala ridotta, una specie di Gulliver al contrario, che mi spingeva a continuare a viaggiare, a cercare l’America che avevo sognato da bambino. Così seguitai a girare e a procurarmi impieghi occasionali. Mi trovai così a fare il garzone del benzinaio in un posto di cui non ricordo nemmeno il nome. L’unica attrazione era la strada lungo la quale si affacciavano le poche case del paese.
Durante le lunghe giornate assolate in cui non veniva nessuno a far benzina, mi ritrovavo spesso a pensare dove cavolo prendesse i soldi per pagarmi il mio boss, ma ogni settimana puntuale come la morte il vecchio si calcava il berretto con la visiera sulla nuca, sputava per terra, poi tirava fuori una mazzetta di dollari, li contava e me li metteva in mano. Così senza un parola.
A volte passavano giorni senza che ci scambiassimo una frase, un gesto, un’occhiata. O meglio, lui forse un’occhiata me la dava ogni tanto, ma io non lo vedevo per ore. Le cose cambiarono la terza settimana di lavoro. Ci fu un via vai insolito di auto scure, e la cosa strana era che venivano tutte dallo Stato vicino e che avevano tutte una gran fretta. Il vecchio stava tutto il tempo sulla porta dell’ufficio masticando tabacco ma una sera mi si avvicino’ nel momento in cui un grosso camion si era fermato di fronte al distributore con il motore a pieni giri. Lui sputò per terra, si calcò il berrettino sulla nuca e mise mano alla tasca posteriore dei jeans. Poi parlò. Subito non ci feci caso e così stetti alcuni secondi dritto in piedi di fronte a lui, ad aspettare.
Lui riparlò.
E questa volta ebbi la certezza che stesse parlando ma non capii nulla perchè c’era un rumore infernale. Gli feci cenno di ripetere e mi avvicinai. Lui scrollò la testa, mi mise in mano dieci dollari e andò verso il camion. Aspettai che finisse con quello per sentire ciò che aveva da dirmi prima di tornare in albergo. Così mi sedetti sul bordo dell’aiuola, con gli occhi socchiusi per il riverbero del sole sull’asfalto impolverato.
Per prima cosa vidi le sue scarpe, poi il fondo dei pantaloni ed infine il suo viso. Avevo la luce negli occhi e mi riparai con la mano. Lui sputò per terra, poi si accucciò ,sedendosi sui talloni. -Ragazzo, -mi disse. -Ti andrebbe di fare un viaggetto?-
-Dove?-
-Quì vicino.-
-E perchè?-
-Ti pago bene.- Dopodichè si alzò e si allontanò senza aspettare che rispondessi. La mattina seguente mi presentai al distributore, ma ad attendermi c’era una di quelle macchine scure. Il vecchio mi disse anche di cambiarmi, che avrei trovato una giacca e un paio di pantaloni sul sedile posteriore, e mi mise in mano, uno sull’altro mille dollari. Sgranai gli occhi e mi ritrovai su quell’auto quasi senza accorgermene. Il vestito mi era un po’ largo, ma era di stoffa buona. Cercai allora di fare un po’ di conversazione ma il tizio che guidava seguitava a stare in silenzio. Il paesaggio che sfrecciava davanti ai finestrini era sempre uguale. Ogni tanto guardavo indietro, attraverso il lunotto posteriore e così faceva pure lui mentre la polvere che la cadillac sollevava dall’asfalto, si condensava dietro di noi come la coda di una cometa. A volte ripenso a quei momenti ed al fatto che mi sentivo stranamente calmo. Forse erano stati quei mille dollari, forse perchè il vecchio mi aveva parlato, oppure perchè sapevo il fatto mio ma stavo seduto e basta, godendomi il rombo sommesso del seimila che era sotto al cofano di quella macchina. Sonnecchiai un po’, finchè non sentii spegnere il motore. Alzai la testa e mi ritrovai in un grande parcheggio. La nostra era solo una delle migliaia di macchine posteggiate lì in mezzo.
Il sole era già alto, quando il silenzioso mi prese sottobraccio e mi accompagnò in fondo al parcheggio. Poi si guardò intorno, si chinò; e aprì una specie di botola. Mi fece cenno di saltare dentro, e io lo feci. Lui mi seguì, e la chiuse dietro di sè. Ci ritrovammo in un cunicolo basso e stretto, alla cui fine c’era una specie di feritoia all’altezza degli occhi. Una caditoia, probabilmente, al livello del manto stradale. Aspettammo alcuni minuti, poi presi senza parlare il fucile di precisione e lo caricai. Potevo guardare la piazza attraverso la fessura, mentre il corteo di auto imboccava la strada di fronte a me.
C’erano bandiere dappertutto, la gente applaudiva. Improvvisamente sentimmo due botti e l’auto scoperta rallentò visibilmente. Il mio bersaglio mi apparve davanti agli occhi come una moneta da dieci cent per un tempo incredibilmente lungo. -Ci siamo. - Disse il silenzioso. Sparai. L’uomo si accasciò sul sedile. Ricordo le urla della folla mentre correvamo lungo lo stretto cunicolo verso il parcheggio, la corsa verso il confine nel nostro completo silenzio mentre la radio sbraitava e la grande confusione che ci lasciammo alle spalle. Tornai a fare il benzinaio per un po’, poi qualcuno mi suggerì di tornare in Italia, e così feci.
Dallas,Texas? No, da allora non ci sono più tornato...

FINE



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